Don Aniello c’è, la presenza discreta e decisa di un prete coraggioso.
L’associazione “Ultimi ” con il suo fondatore, don Aniello Manganiello, ha organizzato un incontro a Ferentino sulle relazioni tra traffico di droga e i clan malavitosi presenti sul territorio della Ciociaria.
Un fenomeno che con il tempo, nonostante la repressione, gli arresti e i sequestri di sostanze stupefacenti rappresenta ancora una piaga sociale che da un lato distrugge la vita relazionale dei giovani e le risorse economiche delle loro famiglie mentre dall’altra rafforza e dà ulteriore potere alle mafie.
La piccola criminalità che sul territorio è dedita allo spaccio diventa la “longa manus” delle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico internazionale della droga a partire dalla cocaina della Colombia e dell’ eroina importata dai campi afghani.
Da un lato la miseria, la povertà, l’emarginazione di tanti giovani che spesso vivono in periferie degradate e abbandonate e dall’ altra la ricchezza, l’arroganza e la violenza di quei clan che tra loro si dividono le aree di influenza e di dominio criminale.
La Chiesa ha il compito di non chiudere gli occhi dinanzi a questo degrado sociale e stimolare le coscienze a farsi carico dei problemi sociali. Le forze dell’ordine hanno un ruolo fondamentale sia per stroncare lo spaccio della droga e gli atti spesso correlati quali estorsioni, furti e prostituzione, ma devono anche seguire il flusso di denaro che corre verso i paradisi fiscali o viene riciclato con attività commerciali affidate a prestanome delle associazioni mafiose.
A nome dell’ associazione antimafia Antonino Caponnetto, ho dato un contributo al dibattito focalizzando l’attenzione sul consolidato ed oscuro rapporto tra affari e politica e di come il territorio sia storicamente, da nord a sud, infiltrato da organizzazioni criminali ormai documentate e certificate dalle indagini, dai processi e dai resoconti giornalistici.
I cittadini se da un lato sono rassicurati dal costante monitoraggio esercitato dalle forze di polizia, dall’ altro, anche alla luce della difficile situazione economica e della precarietà del lavoro giovanile, si mostrano preoccupati per le iniziative spesso inadeguate o tardive delle istituzioni pubbliche. L’inquinamento della valle del sacco è la narrazione emblematica di una profonda trasformazione sociale che ha visto lo sperpero di denaro pubblico, una irrazionale aggressione ambientale e ha offerto ai clan mafiosi l’opportunità di entrare nel mondo imprenditoriale, in quello finanziario e politico.
Bisogna riprendere la giusta rotta spezzando collusioni ed omertà che sigillano la politica all’ interno di un sistema clientelare lontano dalla gente e dagli interessi popolari.
Artuto Gnesi, sindaco di Pastena