Cassino – 74esimo anniversario della distruzione, il Sindaco: “Il nostro olocausto”.
Si svolta questa mattina, in piazza De Gasperi la cerimonia per il 74esimo anniversario della distruzione della città di Cassino. Presenti alla manifestazione il Sindaco Carlo Maria D’Alessandro, il vescovo della Diocesi Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, S.E. Gerardo Antonazzo, Dom Luigi Maria Di Bossolo in rappresentanza dell’Abazia di Montecassino, e le autorità civili e militari del territorio.
“Ci ritroviamo di fronte al monumento ai caduti per il 74esimo anno ricordando gli avvenimenti che sconvolsero la nostra terra; prima, la distruzione della nostra amata abbazia il 15 febbraio 1944 a seguito di un bombardamento preannunciato da un semplice volantino che avvertiva della cancellazione di mille anni di storia e di cultura. – ha detto nel suo discorso il primo cittadino D’Alessandro- Un mese dopo, oggi 74 anni fa, il 15 marzo 1944 alle ore 8:30 le ondate di bombardieri si susseguirono a distanza di 10-15 minuti le une dalle altre. 775 aerei di cui quasi 600 bombardieri medi e pesanti. Quasi 2000 tonnellate di bombe che crearono un’immensa distesa di macerie, detriti, morti tra civili e soldati; il bombardamento cessò alle 12:30 scatenando subito dopo il fuoco di artiglieria con 746 cannoni e 200.000 granate scagliate contro quello che restava della città e dell’abbazia.
Una scelta militare strategicamente errata per la maggior parte degli storici, per alcuni una scelta deliberata per impegnare le truppe tedesche e distoglierle dal nord dell’Europa e dell’Italia.
Per noi e per i sopravvissuti questa non è stata una scelta militare ma è stato il nostro personale olocausto e lo si intuisce dalle parole contenute nella motivazione della medaglia d’oro dove si legge che “il suo aspro calvario, il suo lungo martirio, le sue inumane rovine furono come un altare di dolore per il trionfo della giustizia e della millenaria civiltà italica”.
Una pagina terrificante della storia di Cassino e di tutte le terre di San Benedetto perché le quasi mille tonnellate di bombe e altrettante di proiettili hanno devastato edifici, di cui non sono rimaste che le rovine fumanti, la terra, che ha cambiato la propria morfologia, i fiumi, che hanno deviato i propri corsi d’acqua.
Ma la devastazione più importante è stata quella delle coscienze e delle anime di cittadini, inermi, che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, trovando la morte anche dopo i bombardamenti.
Ricordare questo lutto contribuisce a fare di noi persone migliori, contribuisce a rendere più unita e coesa la nostra comunità, a non spegnere mai i riflettori su temi come pace e fratellanza, in memoria di quelle donne e di quegli uomini deceduti sotto il bombardamento della città di Cassino, tragico emblema d’una devastazione nazionale e mondiale.
Siamo qui per fare memoria e rendere omaggio ai caduti. Perché il loro sacrificio non sia vano bisogna fare della cultura della pace l’obiettivo primario nell’educazione e nella formazione dei giovani; sensibilizzando le nuove generazioni all’impegno per la difesa del bene della vita e delle relazioni tra gli uomini, contro ogni logica di violenza e di morte.
Ed allora, cari ragazzi, mi rivolgo a voi. Lo scorso hanno vi ho riportato le parole del prof. Gino Salveti che nel suo libro parlava del primo bombardamento di Cassino e della storia della Vecchia Cassino.
E lo farò ogni anno del mio mandato di sindaco, vi leggerò un passo di uno dei tanti testi di chi ha scritto la storia della nostra città.
Quest’anno, vi leggo un passo del libro Cassino Brucia – Noi c’eravamo del Sindaco Francesco Gigante.
Cassino è città martire e città della pace, una città ricostruita grazie alle donne e agli uomini che, sconfitti si, dalle bombe, ma mai vinti nello spirito e nel coraggio, seppero rimboccarsi le maniche e ricominciare da qualcosa di peggio del nulla, ovvero dalle macerie e dai lutti.
Ma non si scoraggiarono, e ricostruirono, nel nome della pace e della solidarietà, sentimento comune nel dopoguerra e che ci ha riconsegnato una Cassino diversa nella forma ma grande nel cuore”.