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Pontecorvo – Dragonetti si appella all’Anpi: “Rimuovete anche il monumento ai Marocchini”

“L’Associazione Nazionale Partigiani Italiani (Anpi) bene ha fatto nell’indignarsi verso la decisione da parte dell’Associazione Albergatori di Cassino a voler intitolare una stele ai paracadutisti tedeschi che, durante la seconda guerra mondiale, hanno bombardato Cassino, il monastero e non solo. Perchè la storia non si cancella con una stele. Ma i vertici dell’Anpi ora dovrebbero avere lo stesso spirito di abnegazione e la stessa solerzia e coraggio nel far rimuovere quell’indegno monumento dedicato ai marocchini deceduti durante il conflitto. Un monumento che si trova a Pontecorvo (eretto nei primi anni 2000, ndr), e che è un insulto alle decine di donne stuprate e barbaramente mutilate dalle truppe del generale Juin: Bambini, uomini, anziani e persino preti che sono stati sodomizzati e palificati da quella gente impazzita. Alleati che come ‘premio’ hanno avuto carta bianca nel razziare i paesi della Ciociaria e oltraggiare senza alcuna pietà povera gente indifesa. Persino il grande regista Vittorio De Sica ha voluto ricordare il dramma delle marocchinate con il film e premio oscar ‘La Ciociara’ tratto dall’omonimo libro di Alberto Moravia. Perchè i signori dell’Anpi non tornano a Pontecorvo armati di piccone e fanno tabula rasa di quello scempio? Perchè non prendono atto che la guerra pur avendo vincitori e vinti penalizza soprattutto gli indifesi? I marocchini pur essendo alleati non hanno avuto rispetto e pietà. Qualche tedesco (molti secondo il racconto dei sopravvissuti a dire il vero) avendo compreso quello che stava per accadere ha allertato le popolazioni e messo in guardia dall’arrivo dei ‘diavoli neri’. Chi ha potuto è riuscito a fuggire a Roma per tempo. Chi non avendo mezzi è rimasto a casa ha dovuto subire un oltraggio senza limiti. Dai verbali dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra risulta che anche “due bambini di sei e nove anni subirono violenza”. A S. Andrea, i marocchini stuprarono 30 donne e due uomini; a Vallemaio due sorelle dovettero soddisfare un plotone di 200 goumiers; 300 di questi invece, abusarono di una sessantenne. A Esperia furono 700 le donne violate su una popolazione di 2.500 abitanti. Anche il parroco, don Alberto Terrilli, nel tentativo di difendere due ragazze, venne legato a un albero e stuprato per una notte intera. Morirà due anni dopo per le lacerazioni interne riportate. A Pico, una ragazza venne crocifissa con la sorella. Dopo la violenza di gruppo, verrà ammazzata. A Polleca si erano rifugiati circa diecimila sfollati, per lo più donne, vecchi e bambini in un campo provvisorio. Qui si toccò l’apice della bestialità. Luciano Garibaldi scrive che dai reparti marocchini del gen. Guillaume furono stuprate bambine e anziane; gli uomini che reagirono furono sodomizzati, uccisi a raffiche di mitra, evirati o impalati vivi. Una testimonianza, da un verbale dell’epoca, descrive la loro modalità tipica: “I soldati marocchini che avevano bussato alla porta e che non venne aperta, abbattuta la porta stessa, colpivano la Rocca con il calcio del moschetto alla testa facendola cadere a terra priva di sensi, quindi veniva trasportata di peso a circa 30 metri dalla casa e violentata mentre il padre, da altri militari, veniva trascinato, malmenato e legato a un albero. Gli astanti terrorizzati non potettero arrecare nessun aiuto alla ragazza e al genitore in quanto un soldato rimase di guardia con il moschetto puntato sugli stessi”. La storia racconta che il via libera agli stupri arrivò con un comunicato attribuito al generale Juin ai suoi uomini, recita: ““Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c’è un vino tra i migliori del mondo, c’è dell’oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto è promesso e mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete”. L’autenticità di questo proclama è stata spesso messa in dubbio, ma Juin, come si legge nei trattati giurisprudenziali dell’epoca, poteva riferirsi legittimamente a una antica norma del diritto internazionale di guerra che prevedeva il “diritto di preda bellica”, tra cui lo stupro. Tant’è che le vittime furono, in fretta e furia, dopo la guerra, risarcite con minimi compensi economici solo attraverso un procedimento amministrativo, invece che dopo un regolare processo penale. Spero che i vertici dell’Anpi abbiano il coraggio di prendere provvedimenti. Le sfilate non servono a cancellare la storia. Servono i fatti”. Niki Dragonetti, lista Lo Scarpone di Sergio Pirozzi.