PER GIUSTO CHE SIA
di Luigi Sparagna
Finito il braccio di ferro tra le fazioni politiche in occasione delle amministrative in Emilia Romagna e Calabria, l’agone politico si cimenta sul tema giustizia. L’inaugurazione dell’anno giudiziario ha funzionato da innesco. Le parti avverse attaccano in primis la riforma della prescrizione così come da gennaio di quest’anno è stata modificata dal Ministro Bonafede (5 stelle) che ne prevede l’interruzione dopo il primo grado di giudizio. “Il commento” in proposito ha già affrontato questo tema, ma non sembra inopportuno continuare la riflessione. Innanzi tutto il consunto fronteggiarsi sventolando lo spettro della conta dei numeri per l’acquisizione di una maggioranza, da qualche parte paventato, appare metodo logoro e per nulla costruttivo. Oggettivamente si tratta di una realtà valida a far prevalere un orientamento rispetto ad un altro, ma forse svilisce quello che dovrebbe essere un confronto permeato di pacata e responsabile riflessione vista la delicatezza del tema. La ratio della prescrizione, ricordiamolo, si riconduce allo scadere dell’interesse dello Stato a perseguire i reati, trascorso un ragionevole lasso di tempo che cancella la memoria del fatto delittuoso e rende anacronistica l’esecuzione della relativa pena. Viene da osservare, però, che le parti in gioco non sono solo lo Stato e l’imputato, ma anche una terza parte, la vittima del reato, che subisce suo malgrado la prescrizione, non ottenendo la giustizia che lo Stato dovrebbe garantirgli. Anche nei casi dove più frequentemente in relazione ai tempi previsti interviene la prescrizione, cioè corruzione e concussione, le parti in gioco non sono solo il corruttore, il corrotto, il concussore, il concusso e lo Stato, ma la pluralità dei cittadini che hanno interesse acchè il pubblico ufficiale sia ligio ai propri doveri. In tali ipotesi la pluralità dei cittadini scompare. E’ vero, come sostenuto dalle critiche che il provvedimento riformato non serve ad accelerare i processi, ma addirittura ne riversa circa 20.000, prima prescritti, nelle aule giudiziarie, e quindi si prolungherà l’agonia degli imputati nel ricevere la sentenza che li riguarda, se non si interviene sulla struttura del procedimento processuale e sulla conseguente necessità di adeguare gli organici di magistrati e addetti ai lavori (cancellieri, ufficiali giudiziari, personale di segreteria ecc.). E’ certamente non di secondo piano il concetto di uguaglianza davanti alla legge per tutti i cittadini, per cui alcuni si troverebbero ad avere tempi brevi o comunque ragionevoli per ottenere la conclusione, per effetto di prescrizione, del procedimento a loro carico, mentre altri, giunti al primo grado di giudizio, si vedrebbero preclusa la risorsa della prescrizione, dovendo attendere tempi lunghi per la conclusione della loro vicenda giudiziaria. Detta così, è un falso scopo. Chi è innocente, anche se attende, vista la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva, che nel frattempo non comporta restrizioni, forse potrebbe sopportare, ma chi è colpevole o presume a ragione di essere tale, se viene privato della salvifica prescrizione si vede perso. Le strategie dilatorie della difesa, e sorge il dubbio che in qualche caso siano gli stessi giudici, in base a valutazioni di tipo pratico, a relegare nell’oblio alcuni processi che spireranno per effetto di prescrizione a vantaggio di casi di maggiore pregnanza e visibilità, incidono sul principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge e non solo, ma anche la certezza del diritto non ne esce bene. Con sofferenza della sinteticità non posso non evidenziare che la maggior parte dei reati beneficiati dalla prescrizione sono quelli di corruzione e concussione, appannaggio dei pubblici ufficiali, quindi dello Stato da essi rappresentato, e reati fiscali in genere, per essi essendo previste pene contenute e, peraltro, rappresentando una categoria di reati a bassa percezione di pericolosità criminale dei suoi responsabili. Siamo tendenzialmente tolleranti, diciamo la verità. Dovremmo pensare che al contrario, in altre realtà, simili illeciti hanno rango di delitto non affievolito, come in America, dove è stato grazie a questa categoria delittuosa che un boss del calibro di Al Capone è finito in carcere. Il Diritto Italiano, che esaltiamo primo tra i primi, ha il carattere della dinamicità che ne consente l’evoluzione e la corrispondenza al sentimento di giustizia come esso si viene formando nel corso del tempo. Cambiano le consuetudini, cambiano le leggi, ma si vorrebbe mantenere, al massimo possibile di operatività, l’istituto della prescrizione. Non mi sento di sostenere che la prescrizione sia esempio di civiltà, di civiltà giuridica, di eguaglianza davanti alla legge, in un momento in cui la domanda di giustizia è sempre più pressante. Lo Stato non può abbassare le braccia ed arrendersi al tempo, alla impossibilità di acquisire prove per perseguire i rei, lamentando dinamiche processuali che da tempo segnala di dover cambiare ma non le modifica. Ritengo un procrastinamento ogni proposta che non tenga conto di strutturali modifiche del processo, innegabilmente a partire dagli organici della magistratura che vanno fortemente implementati e razionalmente impiegati, passando per l’architettura dei processi, per arrivare anche ai gradi di giudizio, che nel tempo ha visto trasformato quello di legittimità in cassazione in vero e proprio terzo grado di merito, così riaprendo, ad ogni sentenza di rinvio ai gradi precedenti per annullamenti a volte incredibili, il calendario interminabile delle udienze per giudicare fatti dove già una folta schiera di giudici si sono espressi a colpi di sentenze di altissimo profilo giuridico. Recita l’art. 157 del codice penale ”Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere”, comma 7: “la prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall’imputato”. Ditemi se mi sfugge che qualche imputato vi abbia rinunciato. Neppure i convinti e certi della propria innocenza. Molti invece quelli che prevedono per loro un infausto esito sulla base delle risultanze preliminari delle inquisizioni dei PM, e i colpevoli, almeno in primo grado, presunti innocenti quasi il primo grado sia acqua fresca, che si tuffano ad accettare la prescrizione come il bagno nelle rigeneratrici acque miracolose della piscina di “cocoon”. Tagliamola corta! Se non abbiamo il coraggio di annullare dal codice la prescrizione, affinchè la civiltà giuridica sia effettivamente tale, facciamo un bel referendum per chiedere agli Italiani se vogliono abrogata la prescrizione. Ma magari sono un visionario! Chi si tirerebbe la zappa sui piedi cancellando la sua “cocoon”? Non resta che una via da percorrere, la riforma seria della giustizia per essa intendendo l’apparato ad essa deputato.