culturasecondo piano

REALITY … SCIO’

di Luigi Sparagna 

Con l’espressione che si usa nei cortili per scacciare le galline moleste, vorrei allontanare la realtà di questo nostro Paese che non mi piace. Purtroppo non funziona così. Un giovane dedito a rapinare orologi Rolex, un giovane in macchina con la sua fidanzata sta tornando a casa poco dopo mezzanotte. Al braccio un Rolex comperato con i primi tre o quattro stipendi da Carabiniere. I loro destini si incontrano, il rapinatore gli punta contro una pistola giocattolo, replica perfetta nelle forme e nei meccanismi di un’arma vera, priva del tappo rosso che ne indica la diversa pericolosità (perché sia chiaro che se ti sparo quasi a contatto un colpo a salve ti ferisco ugualmente, magari anche gravemente se colpisco un organo delicato come un occhio). Nel Carabiniere scattano immediatamente i meccanismi di reazione al crimine, estrae la pistola in dotazione e fa fuoco colpendo mortalmente il giovane rapinatore quindicenne. Avviene a Napoli, città tragicamente nota per simili accadimenti. I parenti e sodali della giovane vittima assaltano un pronto soccorso devastandolo, poi raggiungono una caserma dei Carabinieri e fanno la “stesa”, cioè sfilano coi motorini esplodendo numerosi colpi d’arma da fuoco. E’ la prassi delle “paranze”, i piccoli gruppi di minorenni camorristi che affermano così il loro controllo e dominio sul territorio. E’ probabile che il rapinatore deceduto sia uno di loro, capitato nel giro non per sventura, ma magari seguendo le orme paterne, acclarato rapinatore di Rolex che ha operato anche nel Milanese. Di fronte alla morte, qualunque morte, tanto di cappello? Beh dipende, quando muore un aguzzino nazista che ha mandato ai forni crematori centinaia di ebrei non c’è luttuosa pietà né pubblica condanna per chi non la avverte. Purtroppo chi sceglie una certa strada accetta certi rischi. L’aguzzino degli ebrei è consapevole che della sua morte non frega niente a nessuno, il rapinatore a mano armata (più o meno armata che sia) deve essere consapevole che qualcuno potrebbe abbatterlo. Altre volte è andata male al Carabiniere, come a Roma. Cerciello Rega è andato in servizio disarmato. Accidenti a Lui. Ci ha rimesso la pelle. Se avesse usato la pistola sparando al suo assalitore oggi sarebbe sotto processo ma vivo. Anche per questo caso di Napoli, come è prassi, si valuta il comportamento del Carabiniere. Quanti colpi ha sparato, due? Tre? Quattro? Il numero può fare la differenza tra difesa legittima o uso legittimo delle armi, eccesso colposo di legittima difesa oppure, inusuale ma possibile, omicidio volontario. Nelle aule giudiziarie che ospitano questi processi si leva stentoreo l’eco delle arringhe che in punta di fioretto filosofeggiano sull’offesa criminale per stabilire se sia stata ingiusta, attuale, e se la reazione della vittima (a maggior ragione quando Carabiniere) sia stata proporzionata rispetto all’aggressione. E’ tematica talmente dibattuta che campeggia anche nelle aule universitarie attraverso le tesi di laurea dei candidati al 110 e lode.

Ma l’altra sera eravamo a Napoli, di notte, per strada, e nel frangente di pochi secondi l’epilogo risultato infausto per il malvivente. Ora il vaglio della giustizia è doveroso nei confronti del Carabiniere, e si cerca di capire quanti colpi ha sparato per dare ad ogni singolo proiettile una giustificazione o una condanna. Sembra il gioco del “cucuzzaro”……

…”quanti colpi hai sparato ?” …

…”DUE”…….e quanti sennò;

…”TRE”……..e quanti sennò;

…”QUATTRO”….e quanti sennò?

TUTTO IL CUCUZZARO.

Si percepisce il prevalere di una parte sull’altra, giacchè la stampa non riporta di iniziative giudiziarie, seppur a carico di ignoti, per il fatto della devastazione del pronto soccorso e ancora meno per la “stesa” davanti alla caserma dei Carabinieri. Il Carabiniere sono certo di poter prevedere che pagherà per la sua condotta, ma gli altri? Le pistole giocattolo, anche se alterate, la minore età dei criminali adolescenti vanno a costituire il materiale di arringa abilmente sgranato come un rosario, facendo apparire un crimine come un danno. Si può arrivare, nei casi più eclatanti e grazie all’opera di qualche pregevolissima toga di avvocato a richiedere che sia riconosciuto il diritto al crimine in condizioni di garanzia per l’incolumità del bandito. Se entra in casa un rapinatore che riempie di botte due poveri anziani e li deruba, il malcapitato, ripresosi dall’intontimento delle botte, può sparare al suo aggressore ma badando che questi non stia già fuggendo, segno di diminuita pericolosità e quindi scaduta attualità dell’aggressione, e se sta varcando la soglia della porta lo si può attingere con un colpo di pistola ma solo alla parte del corpo ancora in casa. Diversamente, il rapinatore ti potrebbe chiedere i danni. Pare riconducibile a Platone l’affermazione che le brave persone non hanno bisogno delle leggi per sapere come comportarsi mentre i malvagi trovano il modo di aggirarle. Pistole giocattolo, minore età, e altro ancora. Non mi meraviglierei se a qualcuno venisse in mente di far dichiarare la “stesa” un folcloristico atteggiamento e costumanza culturale da salvaguardare come patrimonio delle “paranze”, sodalizi sociali antropologicamente rilevanti nell’evoluzione della specie criminale.

Potrebbero sorgere delle O.N.G. i cui volontari fanno il pieno ai motorini dei baby camorristi che vanno a fare la “stesa”.

SONO SGOMENTO