Folgorata sulla via dell’Islam
di Luigi Sparagna
La soddisfazione tutta Italiana per la liberazione della cooperatrice Silvia Romano, fatta prigioniera nel 2018 in Kenia da gruppi di Al Shabaab, di matrice estremista islamica somala, si sgretola al cospetto delle dichiarazioni della stessa nostra concittadina. Il comitato di ricevimento, i Servizi di informazione che hanno abilmente condotto le trattative, tutti insomma quelli che non sono parte del gruppo di famiglia di Silvia Romano, ammutoliscono dopo le dichiarazioni della ex prigioniera che rivela della sua conversione all’islam e del suo matrimonio musulmano. E via alle prime risentite polemiche sulla opportunità di salvare, pagando un riscatto, una cooperante che è divenuta organica al mondo islamico di matrice terroristica che rappresenta uno tra i più gravi pericoli della nostra sicurezza nazionale come di molti altri Paesi. Matura una sorta di convincimento che l’Italia abbia subito una beffa e forse ancor più grave un tradimento. Non mi sento di criticare l’operato di tutti i protagonisti nazionali di questa liberazione, che doveva avvenire. Non voglio cedere all’emotività per la inaspettata dichiarazione della conversione all’islam della Romano, oggi Aisha come lei stessa ha detto di chiamarsi, e del suo matrimonio. Provo a lavorare di fantasia, e immagino che sia stato tutto un metodo per salvarsi la vita, e le dichiarazioni rese appena scesa dall’aereo che la riportava in patria potevano essere una sorta di messaggio in codice diretto ai suoi carcerieri, per confermare che ne avrebbe protetto l’anonimato. Almeno di alcuni visto che gli autori del rapimento sono stati già catturati e restano da individuare altri protagonisti di questa vicenda. Ma è fantasia. La realtà è il peso della dichiarazione di una conversione ad una religione, in un momento di prigionia, e di un matrimonio celebrato secondo quei riti. Se le parole hanno un significato conversione significa cambiamento, perciò Silvia-Aisha prima era di altra fede, evidentemente non incrollabile al punto da poterla abbandonare per un’altra. Ma se tanto era attratta dai contenuti del corano avrebbe potuto, anche per semplice curiosità culturale, farne oggetto di studio prima di essere catturata. Non penso mancassero testi del corano dove operava. Ma il più sconvolgente avvenimento è il matrimonio, che se veramente c’è stato non può essere stato con altri se non uno dei suoi carcerieri, altrimenti che prigioniera sei se puoi andare al bar del posto e fare conoscenza con un bravo giovanotto locale. Si è sposata con un islamico terrorista e nella meno peggiore delle ipotesi delinquente vicino all’ambiente del terrorismo islamico. Ora mi chiedo, se non interverrà in tempi ragionevoli e con ragionevole motivazione una smentita sulla sua folgorazione di credo religioso, si aprono scenari a mio avviso sconvolgenti. In primo luogo, e cercherò di approfondire se ci riesco per mia curiosità, cosa prevede la legge islamica a proposito di matrimoni? La moglie deve ricongiungersi al marito? Silvia Romano- Aisha dovrà tornare dove è stata fatta prigioniera a disposizione di colui che sta utilizzando i nostri soldi pagati per il riscatto e servirlo come Allah comanda? E se la rapisce un altro gruppo terroristico islamista, pagheremo un riscatto ancora una volta perché sempre di cittadina italiana si tratta a cui è riconosciuta libertà di religione? E se avvenisse il contrario, e cioè che Aisha chiederà di ricongiungersi al marito facendolo venire in Italia sostenendo che era solo il suo vivandiere obbligato dai carcerieri di cui non è parte organica, ci crederemo e andremo a prelevarlo a Ciampino dove atterrerà con aereo dei servizi segreti? Troppi punti interrogativi. Stiamo scherzando? Non ho parole. Siamo allo sbando. E lei come dovremmo considerarla? Organica ai gruppi terroristi islamici dei quali ha abbracciato fede e trovato marito?