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IUDICO ERGO SUM

di Luigi Sparagna

Siamo nel vivo del problema Magistratura e dell’esame delle responsabilità del  rappresentante di ANM, Palamara, accusato di esercizio del suo mandato in modo illecito, manovrando oltre ogni ortodossia la scelta dei giudici da assegnare ai vari delicati incarichi, in combutta sia con altri magistrati che rappresentano le correnti interne alla magistratura stessa, che con politici di varia estrazione. Palamara quindi affila i ferri del mestiere e annuncia che la sua linea difensiva sarà orientata a dichiarare l’esistenza di un “sistema”, da tutti conosciuto, divenuto organico alla magistratura stessa, che evidentemente ha fallito nei suoi obiettivi. Ma lui, proprio per la corale convivenza della categoria nel “sistema”, non ci sta a fare il capro espiatorio di una indagine che ha già fatto vittime illustri. La prima considerazione che sorge spontanea, il primo pensiero, riguarda la necessità di avere un organismo come ANM, che si occupa di rappresentare la categoria dei Magistrati e le relative loro istanze, intervenendo nei vari campi che riguardano il pregiato comparto. Si tratta di un sindacato? E’ una figura che si spende nella tutela dei giudici? Non riesco ad inquadrarlo. La Costituzione offre alla Magistratura tutte le necessarie garanzie per poter bene operare. Il CSM è garante del rispetto dei principi fondanti del potere giudiziario, quali l’autonomia dei giudici nei giudizi, l’inamovibilità se non per giusta causa determinata dall’agire contra legem o per ragioni di opportunità dei togati rappresentanti della giustizia, esercita il potere disciplinare nei casi in cui pur non essendo violata la legge emergono comportamenti censurabili in via amministrativa, interviene nelle nomine dei candidati a titolari dei vari Uffici. Insomma l’ANM appare una sovrastruttura assolutamente inutile. Mi sento di sostenere che il CSM potrebbe addirittura esercitare la giurisdizione penale, così armonizzandola non solo in campo nazionale, ma anche rispetto agli interventi espressi in via disciplinare, per unicità di indirizzo, certamente più sicura rispetto a quanto possono assicurare i singoli Tribunali tenuti a pronunciarsi sui loro pari, confinanti di collegio. Ma se l’ANM a mio avviso può non sembrare necessaria, ancor meno credo sia possibile accettare, anche solo per mera speculazione concettuale, che i magistrati formino ed appartengano a correnti di chiara ispirazione politica, perché ciò nuoce al principio di trasparenza e di garanzia dell’incontaminata applicazione della legge. Tra le più note correnti (fonte Internet) si annoverano : Magistratura Democratica (orientamento di sinistra), Unità per la Costituzione (orientamento di centro), Magistratura Indipendente (orientamento centro destra), ed ancora Movimento per la Giustizia (orientamento di sinistra) e Autonomia e Indipendenza (indipendente). Non mi si venga a dire che gli orientamenti riguardano i massimi sistemi dell’arte del governo e della filosofia politica e non incidono sull’apoliticità che il Magistrato deve avere in dosi massicce quando veste la Toga e somministra la famosa “Legge Uguale per Tutti”. Dai tempi di “mani pulite” qualche sospetto di politicizzazione di parte della Magistratura si è avuto. In tempi più recenti la richiesta a procedere nei confronti di Salvini Ministro, per iniziativa di alcuni titolari di uffici di giustizia che sembra abbiano voluto stoppare il cammino politicamente intrapreso dal titolare del Viminale, pure è stato dato di vedere, e questo la giustizia non solo non lo può tollerare, ma non lo deve assolutamente permettere e anzi lo dovrebbe vietare. Le sigle sono ed appartengono ai partiti politici. I rappresentanti della giustizia non devono avere targhe di riconoscimento. Comincerei proprio da qui la riforma della giustizia. Non giustifico Palamara, ma prendo atto delle sue dichiarazioni circa la consapevolezza a tutti i livelli del sistema in atto. Non può essere altrimenti, a meno che non si voglia affermare che la Magistratura, quella che tutela i cittadini dalle azioni illecite di coloro che violano la legge, quella che è posta in vari organismi a tutela della trasparenza delle procedure, quella che è titolare dell’anticorruzione, non si è mai accorta che al suo interno si agiva scorrettamente. Magistratura distratta? Non scherziamo. Ma che c’è qualcosa di preoccupante in seno al potere delle toghe lo dimostra la stessa indagine condotta nei confronti di Palamara, che certamente non è roba condotta coordinata e gestita da gente che sta fuori delle Procure. Si tratta di un derby tra i più accaniti. Se si farà strada la vecchia e consunta tendenza a maquillage di facciata tanto per dire che si è cambiato tutto mentre in realtà tutto rimane immutato, non si riuscirà a ricostruire l’onorata credibilità del potere giudiziario, di cui si ha tanto bisogno, da entrambe le parti…..giudici e giudicati. Sarebbe inoltre affermazione dell’esercizio di un potere al di sopra della legge, che consente a chi la amministra di interpretarla “Cicero pro domo sua”. Palamara ha sicuramente ragione nel momento in cui dichiara l’avaria del sistema correnti della magistratura, ma allora se il sistema correnti è improprio rispetto alla inviolabilità dell’indipendenza dei giudici, cosa aspetta la Magistratura a mandarle in esilio riappropriandosi istituzionalmente del potere che le compete in maniera ufficiale e Costituzionale. Chi intraprende il cammino in Magistratura è bene abbia la consapevolezza del ruolo ricoperto e con esso i limiti che tale professione richiede siano osservati. L’adagio famoso era “cogito ergo sum” e non Iudico….. ergo Sum. Per l’onore dei molti Magistrati splendidi interpreti di questa delicatissima funzione, sarà meglio pensare e pensar bene, piuttosto che giudicare e giudicare male, con presunzione, convivendo con i “giochi di palazzo” che ci riempiono le tasche di pesanti sassi che annegano la giustizia nelle melmosità dell’arrivismo, del carrierismo, del protagonismo tanto caro a Narciso ma che del Popolo, nel nome del quale si pronunciano sentenze, non tiene conto se non per merito di una sparuta parte, goccia nel mare dell’ingiustizia.