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LA FEDELISSIMA

E’ l’Arma dei Carabinieri, che ha la sua marcia d’ordinanza intitolata appunto “fedelissima”. Fedelissimi, “usi a obbedir tacendo e tacendo morir”, i Carabinieri nel corso della storia di questa splendida Istituzione, da 206 anni hanno creato il Mito. L’Arma è il Corpo Militare con funzioni di Polizia più ammirato, più copiato, più rispettato al mondo, ed è inserito in qualunque contesto con l’autorevolezza che la preparazione dei Carabinieri ha saputo e continua a guadagnarsi ogni giorno. E’ per questo che una intera Caserma di Piacenza posta sotto sequestro, e i suoi componenti tutti arrestati per crimini che vedono il traffico di stupefacenti in prima linea nei capi d’imputazione, fenomeno aberrante per chiunque se ne renda responsabile, ma che non esito a definire vomitevole per un Carabiniere che dovrebbe difendere i più deboli dagli artigli degli spacciatori che hanno fatto, a centinaia, vittime di giovani caduti nel “giro”. A seguire, di tutto e di più, come succede in questi casi, altri tredici capi di imputazione che abbracciano l’intero codice penale. Non appena la notizia è stata diffusa dai media, il tam tam dei “feriti”, cioè dei Carabinieri “fedelissimi” ha iniziato a far sentire il suo batter di piedi a terra per far rumore, seppur discreto, anzi sommesso, mortificato, nell’accusare il colpo. La stessa Autorità Giudiziaria procedente ha evidenziato che l’episodio non intacca l’Istituzione. Ci mancherebbe. Ma l’Istituzione, di suo, non si rassegna ad accusare l’onta che uno sparuto manipolo di delinquenti gli ha inferto. Meriterebbero il trattamento dei tempi del “nonnismo”, deprecabile, ma in casi come questo salvifico. La condanna per questi eretici degli Alamari dovrebbe essere proprio questa, essere affidati in una caserma, a gente che gli Alamari li porta veramente, magari a qualcuno di quei Carabinieri hanno ricevuto una medaglia per aver rischiato la vita nel compiere un atto eroico. Si, va bene, mi si dirà che è fuori luogo un tale auspicio, che la legalità deve sempre essere garantita a maggior ragione quando l’ira dei sentimenti offesi può prendere il sopravvento, ma chi ad esempio oggi non è più in servizio attivo, e gioisce quando il TG trasmette le operazioni condotte con successo dai Carabinieri come se avesse partecipato anche lui a quell’evento, digrigna i denti pensando di aver contribuito a costruire la storia dell’Arma Benemerita per oltre quarant’anni, mentre un gruppetto di finti uomini di legge agisce indisturbato. Viene da chiedersi come può accadere che chi è deputato a controllare il territorio non percepisca i segnali della deviazione nel proprio ambito? Più di qualche testa deve non solo cadere venendo mozzata, ma dovrebbe essere esibito il macrabo trofeo a monito di quanti interpretano le insegne dei gradi un mero segno distintivo di gerarchia a cui riservare convenevoli e cerimoniose lodi, piuttosto che rappresentare il dovere primo dell’esempio, del controllo, della guida costante nei confronti degli uomini ad egli affidati per il lavoro a favore della società. Non ci credo che gente di malaffare come quella che occupava, sine morale titulo, la caserma di Vicenza, non abbia emanato segnali. Certo, viene il sospetto che molte delle giovani generazioni, ivi comprese quelle dei quadri dirigenti di questa Istituzione, non siano avvezzi a sentir la puzza di bruciato, magari per convenienza dettata dall’aver preso atto che si è fatto strada, nei tempi moderni, il concetto di minor rigore in favore del rispetto della privacy, della “pacca sulla spalla”, e che l’importante è che non succeda nulla così non ci sono rischi di essere considerato non all’altezza di gestire i momenti di difficoltà o le piccole crisi che in ogni famiglia si possono verificare. A volte si viene tacciati di essere il “Bastian contrario”, ma, e mi scuso per l’espressione, ci vogliono le famose “palle” per esercitare alcuni ruoli. Il bastone del comando non è un pezzo di legno insignificante, e le battaglie giuste non devono temere il ricatto di chi non si vuole sporcare le mani o peggio, è distratto a fare altro nel corso della sua giornata lavorativa con le insegne di quegli Alamari che il Generale Dalla Chiesa affermava essere cuciti sulla pelle dei Carabinieri. Evidentemente a qualche Carabiniere invece che col filo grosso sono stati apposti con il velcro, così da poterli attaccare e staccare a piacimento. E no, amici cari, cari uomini in divisa nera, non è così che funziona. Voi tutti oggi in servizio attivo dovete rispondere non solo alle vostre gerarchie e alla cittadinanza del vostro operato, ma anche a coloro che non sono più in servizio attivo e che non meritano di essere trattati come un accessorio petulante bisognoso di misericordia e compassione, ma a maggior ragione avendo posto il berretto al chiodo, affrontando e spesso prevenendo e stroncando sul nascere le situazioni che non erano certamente differenti, parametrate ai tempi, da quanto oggi accade, hanno fatto il loro dovere, rischiando in epoca di “responsabilità riflessa”, termine che a voi novellini non dice molto, ma era tutta roba scritta in circolari e norme che significavamo che anche solo per una contravvenzione per semaforo rosso, il superiore ne faceva le spese perché era chiaro che non aveva adeguatamente educato il suo militare. Peccato che non sia prevista una “class action” per queste situazioni, ma solo Il Comando Generale può costituirsi a vario titolo per essere risarcito. Ma che risarcimento potrà mai lenire il dolore dei Carabinieri veri che ogni giorno percorrono le strade, forse il sangue di qualche altra vittima del dovere? L’esperienza mi dice che in questi casi, la gente comune che incontra per strada un Carabiniere esprime vicinanza, come in un lutto, sentendosi parte offesa insieme al Carabiniere. Non schernisce, rispetta. Nel rispetto di questa brava gente italiana, spero che il processo sia senza mezzi termini la giusta applicazione di una pena fatta salva di attenuanti che non mi pare si possano sostenere. Anzi ci sono solo aggravanti. Spero in una pena accessoria che comporti, al termine della detenzione, un lungo periodo di misura di sicurezza attraverso la quotidiana firma in Caserma (dei Carabinieri). Un solo aspetto positivo comunque esiste in questa vicenda, ed è che le mele marce sono state buttate all’immondizia. Per questo, finito l’articolo che come di consueto affido a “Interno 28”, mi recherò al Bar per brindare con gli amici e chi vorrà, per questa bella epurazione. L’Arma dei Carabinieri epura, elimina, caccia via gli infedeli, per questo esiste da 206 anni e continuerà ad esistere.

“ Non so quale sia stato il movente che vi fece preferire l’Arma dei Carabinieri; quello che è certo si è che voi, indossando la divisa del Carabiniere, avete assunti obblighi e doveri importantissimi, mentre con quella voi vi siete imposti di seguire le tradizioni gloriosissime di un’Arma che nel Paese è proclamata Benemerita pei servigi che ha resi e rende alla società. Vi è mai accaduto di entrare in un luogo ove per la maestà dell’ambiente, per la ricchezza degli addobbi, per l’alta posizione delle persone ivi convenute, vi siate sentiti compresi da un senso di riverenza e rispetto che, rendendovi confusi vi faccia incerti e timorosi nel cammino? Or, bene, altrettanto deve essere per voi giovani allievi, che appena ammessi vi trovate nella grande famiglia dei Carabinieri, che per impresa porta dovere, per meta obbedienza e devozione, per compenso l’onore della fedeltà e del sacrifizio.”
(tratto da: Galateo del Carabiniere, ed. 1879 – cap. I Apologia dell’Arma pag. 1 )

Luigi Sparagna
Generale di Brigata (r) dei Carabinieri