La Lettura – Jorge Luis Borges: L’Aleph
Alla base della poetica, della visione immaginifica che permea i racconti fantastici di Jorge Luis Borges, uno dei mostri sacri della letteratura del Novecento, vi è “una profonda capacità filosofica di commozione di fronte alla grandezza e alla miseria dell’uomo, di fronte a quanto è in esse di sorprendente e paradossale”, come ebbe a dire un critico argentino.
L’Aleph non è altro che un punto, misterioso e sfuggente, che racchiude tutti i luoghi e tutte le ere della Terra, proprio come le storie, le fantasie, le riflessioni che si susseguono in questi diciassette racconti si ritrovano in un unico punto e rivelano non un mondo, ma una molteplicità di mondi, la totalità dell’universo.
La scrittura di Borges è estremamente colta, erudita, non così accessibile all’inizio, grazie alla sua perfetta mescolanza di realtà e finzione, a un complesso gioco di rimandi e citazioni e a un’architettura narrativa simile a un labirinto, come quello in cui si muove il povero Asterione (ossia il Minotauro), protagonista in uno dei racconti. Ma, tutto considerato, l’obiettivo del narratore è proprio questo: gettare il lettore nel più totale smarrimento e poi aiutarlo a ritrovarsi, a riflettere su temi universali come il tempo, il dolore, lo sdoppiamento della personalità, il destino e, quindi, a rifletter-si.