BABELE ITALIA
Di Luigi Sparagna
Non credo di poter essere contraddetto se affermo che in questo momento storico, come mai prima, il nostro Paese è una Babele. Siamo ridotti con cadenza quindicinale a conoscere il colore di appartenenza. Speriamo ogni volta che il colore assegnato alla nostra Regione ci apra ad alcune possibilità di movimento, comunque ridotto e prudente. I bollettini e i commenti sull’andamento dei contagi sono sempre più scarni e confusi, dominati peraltro dall’incertezza degli esperti su come affrontare questo virus che partito dalla Cina ora ha nazionalità anche in Inghilterra, Brasile e Sudafrica. Non sappiamo se andare a scuola o studiare da casa. La politica ci sembra impazzita più del solito con i suoi bracci di ferro che sono ad un punto morto, ma poi servirebbero veramente le elezioni? Il frutto di questa confusione di maggioranze è da ricondurre alle ultime consultazioni politiche. Sarà cambiato qualcosa nel frattempo? E l’andamento dei vaccini? Non è una situazione da meno in quanto a confusione. Siringhe che non sono idonee, vaccini che non vengono forniti, addirittura si sente invocare da qualche timida parte che si vorrebbe vedere desecretati i contratti dell’Europa con le case produttrici dei vaccini. Mi domando per quale ragione questi contratti siano stati assoggettati al segreto, e comunque perché l’assemblea europea non intervenga Lei per prima a tutelare i legittimi interessi dei Paesi membri. Non si può sentire che le case farmaceutiche hanno dovuto rallentare le forniture per ammodernare le linee e corrispondere alle maggiori richieste cui sono chiamate a far fronte. Stiamo parlando dell’ABC dei contratti, e dell’ABC di qualunque pianificazione a qualunque livello e per qualunque cosa. Incertezza delle disposizioni emanate con i DPCM cosicchè coloro che sono tenuti al controllo possono solo fare appello al loro buon senso, caldamente auspicato dai controllati. Purtroppo a volte il buonsenso resta relegato nei meandri delle psicosofferenze di soggetti che travisano il potere di controllo per lasciare sfogo alle represse distonie caratteriali degne di Freud, e l’incerta disposizione diventa certa aberrazione di elementari, logici, comportamenti relazionali e giuridici. Ricordo nella prima fase della pandemia e i suoi divieti, i fidanzati multati per essersi dati un bacio sulla spiaggia dove erano isolati da tutti ma si erano abbandonati alla tenera effusione senza la mascherina. Allora per un momento di leggerezza rispetto a tutto ciò facendo zapping capita di assistere ad una intervista ad una “influencer” che candidamente dichiara di ricavare da questo suo lavoro non meno di quattromila euro al mese. E già, influencer è un lavoro, spiega la tipa, perché dal numero dei suoi seguaci, e non ho sbagliato termine, lo so che si dice follower e al plurale non ha la ‘s, dal numero dei suoi seguaci, dicevo, l’influencer riceve contratti di tanti bei soldini da case produttrici di ogni prodotto per inviluppare nel marketing i seguaci ad opera dell’influencer. Tutti personaggi che ad approfondire non ritengo abbiano nulla che si possa invidiare. Marmellate di meningi, braccia sottratte al lavoro, quello serio e tradizionale, personalità inesistenti, e che si esprimono solo nel mondo virtuale. Nel mondo reale non saprebbero comperare in chilo di pane dal fornaio perché lo ordinano su internet. Beati loro. Le nostre vite sono congelate da un anno, e probabilmente lo resteranno ancora per molto. Se almeno ci avessero ibernati, al risveglio qualcuno ci raccontava cosa era successo e noi ci saremmo abbandonati ad una esclamazione tipo “ma va?”. Invece ci tocca la Babele. Scialla !