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ACQUA ALLE FUNI

di LUIGI SPARAGNA

Settimana che ha fatto registrare la protesta di ristoratori e titolari di palestre sfociata in scontri di piazza con le forze dell’ordine. Da che parte stare? Il senso delle Istituzioni e il rispetto delle regole e quindi nel caso specifico dell’ordine pubblico non può che stigmatizzare i disordini. Ma come non comprendere il messaggio di disperazione di una categoria, dico meglio, di categorie che si sentono inspiegabilmente emarginate e ridotte alla fame? Sostengo “inspiegabilmente”, per diretta esperienza, non avendo potuto consumare un caffè al bar se non in bicchiere di plastica e distante dall’ingresso del bar, praticamente sulla pubblica via, per non incorrere in sanzioni insieme al titolare del bar, ma in autogrill in autostrada mi sono goduto un caffè in tazza di ceramica comodamente al banco. Lo trovo inspiegabile. Da quando ci è stato imposto l’ennesimo periodo di restrizioni per contenere i contagi e rendere quanto più possibili efficaci le vaccinazioni, si sono succedute situazioni contraddittorie quali l’andamento costante dell’indice di contagiosità e dubbi sul vaccino che per la maggiore viene somministrato, che non si è giovato dei pareri tecnici delle autorità sanitarie nazionali ed europee, pronunciatesi semplicemente affermando che il vaccino Astra Zeneca presenta più vantaggi che rischi. Non sono bastate le coraggiose braccia istituzionali a farsi inoculare l’Astra Zeneca per infondere fiducia. La paura ha cominciato a serpeggiare. L’informazione come al solito genera perplessità piuttosto che contribuire a formare certezze o almeno speranze. Alcuni Governatori di Regione hanno dichiarato di aver utilizzato le dosi di vaccino ricevute in modo tale da garantire ai vaccinati le due dosi previste per il ciclo completo di immunizzazione, altri hanno somministrato come prima dose tutte quelle ricevute ma ora non hanno disponibilità della seconda dose per chiudere il ciclo. Lo Stato cammina in una direzione, le Regioni per conto loro. Alla faccia dell’unità di intenti, dell’inno cantato dai balconi. Astra Zeneca, nonostante l’intervento di Draghi a proposito del rispetto delle forniture previste contrattualmente, persevera nell’annunciare ritardi nelle forniture che è in grado di fornire. Insomma non è una scenografia confortante quella del film che stiamo vivendo, dove è evidente che lo Stato recita un copione diverso da quello che recitano le Regioni e la stessa regia che pare affidata alle autorità sanitarie che la fanno da padrone, è in parte commedia e in parte tragedia. In tutto questo forse non si è recepito il messaggio importante dei disordini scaturiti in occasione della protesta di ristoratori e titolari di palestre. Rimarrà un caso isolato? Sfocerà in disubbidienza civile? Apriranno al pubblico? Cosa farà il pubblico? Mi pare di averlo già detto in qualche precedente occasione; a tirarla troppo, la corda si spezza. E’ ora che nella stanza dei bottoni si prenda atto che gli Italiani non ce la fanno più a stare costretti in una condizione di isolamento, di divieto di muoversi, non poter raggiungere i figli lontano o poter viaggiare o assistere a uno spettacolo teatrale, andare al ristorante, celebrare un matrimonio, andare in vacanza in Italia. Gli Italiani non ce la fanno più a non vivere. Subiscono passivamente! I disordini di piazza, voglio sbagliarmi, potrebbero non essere un fatto isolato. Sono maturi i tempi per la disubbidienza. Non basterà allo Stato reiterare provvedimenti che trasudano eccezioni ai divieti del tutto imprecise, tolleranti e vaghe, giacchè v’è posto per qualche birichinata. Come per issare l’obelisco in piazza S. Pietro fu necessario “dare acqua alle funi” perché non si spezzassero, è giunto il momento che il Governo, visto che non ha vaccini, si fornisca almeno di acqua da dare alla fune che da troppo tempo tira e tira, fino a rischiare di spezzarla. E Roma è piena di fontane; l’acqua non manca!