Natale 2023, il messaggio dell’abate di Montecassino dom Luca Fallica
«Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore». Così un angelo annuncia ai pastori la nascita di Gesù, secondo il racconto di Luca che ogni anno ascoltiamo a Natale, nella Messa della notte.
Oggi. Il Signore è nato una volta per tutte, a Betlemme, più di duemila anni fa. Ma anche oggi la sua nascita illumina e dona un senso nuovo al nostro presente, alla nostra storia, a ciò che viviamo in questo nostro tempo, così tribolato. Penso ai conflitti che insanguinano molte regioni del nostro mondo, e che oggi sono tornati a violentare la Terra Santa; penso alle situazioni di crisi e di smarrimento, di paura e di disperazione che oggi toccano così da vicino le nostre stesse città e paesi. Mentre facciamo memoria di una nascita, la nascita tra noi del Signore della vita, non possiamo chiudere gli occhi davanti ai drammi di chi la vita se la toglie, per disperazione e per avere smarrito il suo senso, per la paura o per la vergogna di non riuscire a dare dignità alla propria esistenza e a quella dei propri cari a causa della crisi economica o della mancanza di lavoro. Abbiamo negli occhi le atrocità di chi la vita la toglie agli altri con violenza insensata, all’interno di mura domestiche o in ambiti pubblici. Abbiamo ben vivo nella memoria quanto successo a Praga solo pochi giorni fa.
Gesù nasce nella notte, anche in queste notti segnate dal nostro dolore, dai nostri smarrimenti, dalla nostra incapacità di affrontare con responsabilità ed efficacia le tante sfide che la storia ci pone, su scala mondiale o in tante situazioni a noi così vicine, che non solo ci sfiorano, ma spesso ci coinvolgono personalmente e ci angosciano.
Gesù nasce nella notte, e viene come luce per rischiarare le nostre tenebre e dare speranza alle nostre paure. Oggi è nato per voi un salvatore, annunciano gli angeli. È nato per voi, è nato per noi. È nato per salvarci, ma è nato nella nostra carne umana anche per dare dignità e responsabilità alla nostra condizione umana, per renderci capaci non solo di accogliere la sua salvezza, ma anche di diventare segno gli uni per gli altri di questa salvezza. Segno e strumento di questa salvezza, che passa anche attraverso di noi e il nostro impegno. Lui solo è il salvatore, ma chiama anche noi a renderci operosi dentro questo disegno di salvezza che egli attua nella storia. Gesù nasce a Betlemme, il cui nome tradizionalmente viene interpretato come ‘casa del pane’, e quando sfamerà le folle donando loro il pane spezzato, lo farà affidando il dono ai discepoli, perché fossero loro a distribuirlo alla gente. Questo è il suo stile e questo è il modo con cui anche oggi continua a renderci corresponsabili dei suoi doni.
Come farlo? Come accogliere la sua salvezza e diventarne per altri segno e strumento? Mi pare che il vangelo di Natale ci offra alcuni suggerimenti preziosi. Gli angeli, oltre ad annunciare ai pastori la nascita del Salvatore, offrono loro dei segni per riconoscerlo. «Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia» (Lc 2,12). Il segno si compone di fatto di tre segni, intrecciati insieme: un bambino (il primo segno), avvolto in fasce (il secondo segno), deposto in una mangiatoia (il terzo segno).
Un bambino: dunque un essere piccolo, povero, fragile, ancora incapace di parlare e di agire. Eppure proprio in lui i pastori devono riconoscere il salvatore del mondo. Questo per noi significa che anche i nostri gesti, persino quando possono sembrare troppo piccoli, inutili, inefficaci, ma se sono autentici, se sono pieni di vangelo, partecipano all’opera di salvezza di Dio e ridonano speranza anche alle nostre notti angosciate.
Il bambino è avvolto in fasce, segno della tenerezza e dell’affetto con cui la mamma Maria ha saputo prendersi cura di quella giovane vita, sia pure in condizioni così disagiate. Segno anche, queste fasce, di come Giuseppe saprà custodire da tanti pericoli quella giovane vita. Anche noi siamo chiamati ad avere la stessa cura gli uni degli altri. Ogni volta che la nostra tenerezza, la nostra premura, la nostra custodia, saprà fasciare qualcun altro e prendersi cura della sua vita, la luce tornerà a rischiarare le tenebre.
Infine il terzo segno: questo bimbo, avvolto in fasce, è anche deposto in una mangiatoia. La mangiatoia è il luogo nel quale gli animali vanno a mangiare. Questo bambino viene a nutrirci con la sua stessa vita. Egli saprà prendersi cura della nostra fame. E ci chiama a prenderci cura della fame degli altri. E non solo della fame di pane, ma anche della fame di vita, di senso, di dignità, di futuro, di libertà, di solidarietà, di amore sincero, di carità nascosta e operosa. Quando la nostra vita diventa pane per questa fame dei nostri fratelli e sorelle, ecco che l’oggi della salvezza continua a essere fecondo e a generare vita anche nel nostro tempo.
Questo allora il mio augurio per il Natale, augurio che rivolgo a ciascuno e a ciascuna anche a nome degli altri fratelli monaci che abitano con me nell’Abbazia di Montecassino: sappiate riconoscere il segno, e diventate anche voi segno per gli altri. Il Natale di Gesù dà valore ed efficacia anche ai nostri piccoli gesti, desidera che siano gesti che intessono fasce di tenerezza e di cura, affinché possiamo nutrire con il nostro impegno la fame di vita e di speranza del nostro tempo, della nostra gente.
Per questo preghiamo per voi, e voi pregate per noi.
+ Luca, abate di Montecassino