La Lettura – Nikolaj Gogol: Racconti di Pietroburgo
“Da sotto le falde del Cappotto di sono usciti tutti gli scrittori russi della seconda metà dell’Ottocento”. Con queste parole Dostoevskij riassunse la portata rivoluzionaria dell’opera di Gogol’, che ha dato inizio a una nuova stagione della letteratura russa, quella del cosiddetto ‘realismo letterario’. Ed è con Gogol che nasce il mito di Pietroburgo, che non è solamente lo sfondo delle vicende narrate, ma assurge al ruolo di vero e proprio protagonista di questo ciclo di racconti. Proprio in questa città si svolgeva la sontuosa vita di corte di zar e zarine, corredata da balli, mascherate e parate militari, ossia tutte quelle manifestazioni in cui l’apparire ha più importanza dell’essere. E allora solo qui succede che un Naso passeggi per strada indossando un’uniforme, che un Cappotto si trasformi in uno spettro, che un giovane si innamori perdutamente di una prostituta.
Il tutto avvolto in un’atmosfera allucinata, a metà tra la realtà e il sogno, in cui si aggira l’altro vero protagonista, destinato a occupare un posto di primo piano nella letteratura russa: l’uomo “piccolo”. È il caso di Akakievic de “Il Cappotto” il quale, esasperato da anni di offese e umiliazioni ad opera dei colleghi, grida rabbiosamente “lasciatemi in pace!”, vittima di un dolore insopportabile. Gogol’ ci rivela come l’uomo piccolo possa allora affezionarsi a semplici oggetti, come il cappotto del racconto, al punto da amarli più della propria moglie. E la risposta è nella natura intrinseca delle cose: gli oggetti, a differenza delle persone, non tradiscono mai.