Terracina, il canto della rinascita…la voce di Sara, tra battaglie, amore e libertà
Crescere significa affrontare scelte, sacrifici e battaglie interiori. Per Sara, la vita è stata un continuo equilibrio tra passioni, cadute e ripartenze. Da bambina cantava affacciata alla finestra della sua casa d’infanzia, regalando emozioni alle signore del quartiere. Poi è arrivato lo sport, il Taekwondo, e per anni ha messo la musica da parte, convinta che non fosse il momento giusto. Ma il destino, spesso, ci riporta sempre sulla nostra strada.
Tra perdite dolorose, dubbi e insicurezze, la sua voce ha rischiato di spegnersi. Ma proprio quando sembrava aver perso la musica per sempre, ha trovato la forza di ricominciare. Oggi canta con una nuova consapevolezza, portando con sé ogni frammento della sua storia. Perché la sua voce non è solo passione, è la sua libertà.
In questa intervista, Sara ci racconta il suo viaggio, tra note, combattimenti e rinascite.
Sara, quando è nato il tuo amore per il canto?
Ho iniziato a cantare ancora prima di parlare. Mio padre, quando mi metteva a letto, mi cantava le sue canzoni preferite. La mattina dopo mi alzavo, aprivo la finestra della mia casa d’infanzia alle Capanne e intonavo Rose rosse per te e Tanta voglia di lei. Le vecchiette della via mi aspettavano ogni mattina, dicevano che le deliziavo con la mia voce.
Ma crescere non è facile, soprattutto se hai tante passioni. Ho portato avanti sia il canto che lo sport: ho iniziato a praticare Taekwondo a sei anni, e fino ai vent’anni è diventato la mia priorità. Ho girato il mondo… Dopo la separazione dei miei genitori, quando avevo circa dodici anni, ho dovuto ridimensionarmi e rinunciare a qualcosa… e così ho smesso di prendere lezioni di canto. Ricordo le risate della gente quando dicevo che da grande volevo fare la cantante. Ma la mia famiglia, soprattutto i miei nonni, hanno sempre creduto in me.”
I tuoi nonni hanno avuto un ruolo importante nel tuo percorso?
“Sono stati i miei più grandi fan in tutto. Mio nonno non si perdeva una gara, un esame di cintura… e quando si trattava del canto, mi chiedevano sempre se avessi qualche video da mostrargli, anche se era solo una registrazione amatoriale fatta in casa. Ricordo l’ultima volta che ho cantato davanti a loro: erano pieni di orgoglio.
Ma dopo la morte di mio nonno, ho avuto un blocco. Odiavo la mia voce, odiavo la musica. Ogni nota mi sembrava un pugnale. Dopo quattro anni, ho perso anche mia nonna. Credevo fermamente che non avrei mai più preso un microfono in mano. Cantavo per loro, e all’improvviso non sapevo più per chi cantare.
Devo essere sincera? Oggi canto ancora per loro. Li vedo davanti a me in ogni canzone. Quelle note hanno ripreso colore. È forse questo l’unico modo che ho per sentirli ancora con me.”
Quando hai capito che la musica poteva essere qualcosa di più di una passione?
“Mentre qualcuno cercava di spegnermi, altri dicevano che io avevo qualcosa da raccontare, che la mia voce era davvero bella e che stavo sprecando il mio tempo… così ho cominciato a cantare al locale di un mio amico, l’Osteria De Maldè, per gioco, affiancata dal DJ Gianpaolo Raso. Quello è stato il giorno della mia rinascita.
Dopo quel pranzo mi chiamarono per tre comunioni, e da lì ho iniziato a cantare quasi assiduamente nel locale dove ero rifiorita. Forse valevo qualcosa, e all’improvviso tutto ciò che avevo dentro è uscito fuori.
Mi sono riscoperta. Ero sicura. Sensuale. Leggera. Orgogliosa. LIBERA!”
Quindi è stato un segnale per te?
“Esattamente. Il segnale che aspettavo da una vita. Ero incredula, scettica. Non capivo come, con due brani in croce che avevo preparato, qualcuno potesse volermi per festeggiare la comunione della figlia… o compleanni privati…
Ma non ti nascondo che ancora oggi non mi sento all’altezza di tutto questo. Ciò che vedono gli altri in me, io lo vedo ancora offuscato… Mi piacerebbe vedere limpida la mia immagine e riconoscermi.
Non sono più quella bambina con le spalle ricurve che cantava fuori dal balcone di casa. Sono una donna.”
Se potessi dedicare una canzone ai tuoi nonni, quale sceglieresti?
“Bella domanda… Forse gli canterei Iris dei Goo Goo Dolls. La traduzione fa più o meno così:
“E rinuncerei all’eternità per toccarti
perché so che tu mi senti in qualche modo…”
Parla del momento esatto in cui stai perdendo la persona cara e della disperazione per non avere il tempo di dimostrargli chi sei diventato…
Ecco, forse è questa la canzone che gli dedicherei.”
Adesso senti che il tuo percorso musicale sta prendendo forma?
“Non direi che il mio percorso musicale sta prendendo forma… direi piuttosto che sono io a prendere consapevolezza di me stessa. Sono io che sto ricomponendo i miei pezzi.
È così che la musica può essere tutto: rivincita e cura, sogno e realtà. E fino a quando mi porterà pace, prometto alla bambina che sognava di fare la cantante che non smetterò di farlo.
E canterò più forte se qualcuno dovesse impedirmelo.
E sognerò più in grande se qualcuno dovesse dirmi di non essere in grado.Perché quella bambina merita di essere felice.”
Tuo padre ha avuto un ruolo nel tuo rapporto con la musica?
“Ho sempre avuto un rapporto particolare con mio padre. Amore e odio. Le mie passioni, che siano il Taekwondo o il canto, sono nate con lui.
Ricordo che quando ero piccola e andavamo a Napoli a trovare degli amici, in macchina partivano le canzoni della Pausini e mentre io cantavo Tra te e il mare lui mi correggeva, come se fosse un maestro di canto!
Ancora oggi, prima di pubblicare un video, lo mando sempre a lui. È come se la sua approvazione mi desse coraggio, come se contasse più di tutti quelli che poi andranno a visualizzare.
Mia madre, invece, è la mia fan silenziosa. Condivide le mie registrazioni come fosse un’influencer!
La mia famiglia non è perfetta, e forse anche le loro decisioni hanno inciso parecchio nella mia vita.
Ma nella mia voce ho nascosto la mia fragilità, il mio dolore, il mio vissuto, le mie ansie e i miei attacchi di panico…
Forse per questo, alla fine, non è poi così male.
La mia famiglia è stata gioie e dolori.
E forse, un po’ di luce adesso ce la meritiamo tutti.”
Alla fine di questo viaggio, Sara ci lascia con una lezione di forza e resilienza. La sua musica non è solo un mezzo per esprimersi, ma una testimonianza di quanto sia possibile rinascere dalle proprie ferite, scoprire la propria libertà e dare voce ai propri sogni. In ogni nota, c’è un pezzo di lei, un pezzo di chi ha lottato, sofferto, ma ha anche trovato il coraggio di ricominciare. La sua voce, oggi, è finalmente ciò che ha sempre dovuto essere: un inno alla vita, alla libertà e alla bellezza di essere sé stessi, nonostante tutto.
Sara, come la sua musica, continuerà a risuonare, forte e libera, per chiunque abbia bisogno di ascoltarla.