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In…CERTEZZA DEL DIRITTO

Di Luigi Sparagna


E’ principio base del diritto quello della sua certezza, cioè prevedibilità della risposta della giustizia al verificarsi di una violazione delle norme del codice, e conseguente applicazione della pena che la norma stessa deve prevedere proprio per garantire la certezza del suo rispetto. Integrano questa semplice ma pur fondamentale condizione, altri elementi quali la competenza del giudice e l’iter processuale con le sue garanzie, ma per non tediare potremmo sintetizzare dicendo che la certezza del diritto trova una sua sintesi nella frase da molti pronunciata, e tante volte ascoltata, “ho fiducia nella giustizia”. Tuttavia non posso non osservare come questo principio, che nella sua apparente semplicità ha il suo punto di forza, si rivela negli ultimi tempi piuttosto logoro, come se il tempo lo avesse ricoperto di un velo di polvere che gli toglie lucentezza e lo avesse relegato in un angolo della giustizia posto lì per ricordo più che per affetto. Una sorta di soprammobile della nonna che non si butta via per affetto ma che tutto sommato non è più parte dell’arredo di casa. L’ultimo episodio della condanna comminata dal Tribunale al Sottosegretario Delmastro pur a fronte della richiesta di non colpevolezza formulata dal Pubblico Ministero, ha il suono sordo del colpo di grancassa piuttosto che quello secco del martello che in udienza scandisce i momenti caratterizzanti del processo.L’assoluzione del Ministro Salvini a Palermo, ha visto le parti ognuna in linea con il proprio ruolo, il PM formula l’accusa e chiede la pena, il Giudice valuta inconsistenti allo scopo gli elementi di prova ed assolve. Ma nel caso di Delmastro il PM, contrariamente al proprio ruolo, ha chiesto l’assoluzione che il Giudice ha ribaltato. Ma viene spontaneo chiedersi come sia stato possibile, con i filtri che precedono l’udienza, arrivare in aula con un PM che sostiene l’innocenza dell’imputato. Ammetto di essere disorientato. Ora, non voler cedere alle tentazioni propinate dal gossip mediatico sembra cosa saggia, ma insistere a negare che forse la somministrazione della giustizia negli ultimi tempi aggiunge polvere al soprammobile della nonna appare non proprio peccato. Inutile nascondersi dietro un dito facendo finta che lo scontro tra poteri sia inesistente. E’ realtà ben oltre ogni evidenza. Continuo a sostenere che l’Associazione Nazionale Magistrati con il suo dichiarato orientamento politico delle rispettive correnti interne, è assolutamente in antitesi con la sbandierata indipendenza ed autonomia dei giudici. Seppure la politicizzazione non riguarda quella stragrande maggioranza di magistrati che lavorano lontano dai riflettori, purtroppo riguarda una parte non indifferente di essi, che svolgono in seno all’organismo un ruolo condizionante ben oltre il comprensibile e quindi l’accettabile. Ma per non scendere nella politica di militanza, voglio tornare a Delmastro e ribadire che, forse per abitudine mentale, mi resta difficile dare un senso ad un PM, pubblica accusa, che in udienza chiede l’assoluzione dell’imputato. Verrebbe da dire: delle due l’una, o il PM è incapace, oppure è colluso con l’accusato. Di fatto il dilemma meriterebbe una risposta chiara e decisa. E’ certezza o incertezza del diritto che si svolge sotto i nostri occhi? Credo che la riforma della giustizia debba affrontare anche questa realtà se vuole spolverare meglio il soprammobile della nonna, ammesso che ricordi in quale angolo della soffitta o cantina lo ha riposto.